A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta il flauto inizia ad assumere nelle incisioni di jazz il compito di esprimere con note alte, leggere, gioconde quello che il clarinetto aveva espresso nell’epoca dello swing. Fino a quel momento il flauto nelle note di copertina dei dischi veniva citato alla voce “altri strumenti”. Da Frank Wess e Bud Shank in poi passando attraverso Sam Most, Herbie Mann, Yusef Lateef sino ad arrivare a Sahib Shihab, James Moody, Roland Kirk e finire a Eric Dolphy e Sam Rivers (ma si potrebbero fare tanti altri nomi) il flauto ha assunto una sua autonomia. Probabilmente l’avvento dei microfoni ha creato le condizioni tecniche grazie alle quali questo strumento – svantaggiato nella competizione con la tromba o con il sassofono il cui suono penetrante lo sovrastava nelle sale da ballo degli anni venti e trenta – ha iniziato ad essere utilizzato come strumento solista in maniera adeguata. Milena Jancuric (Novi Sad, Serbia) è una flautista doc, per intenderci non una musicista che è arrivata a suonarlo passando attraverso il sassofono o il clarinetto (e se l’ha fatto se n’è subito distaccata) con una formazione accademica e una frequentazione degli ambienti statunitensi (Berklee College Of Music). La nostra etichetta si è accorta del suo talento quando ha deciso di pubblicare il disco della sua conterranea Sanja Markovic, apprezzando in particolare il suo approccio “aperto” scevro da sovrastrutture e condizionamenti. Milena è intensa e leggera nello stesso tempo e riesce con la sua sensibilità a farci superare quel pregiudizio che vuole che il timbro del flauto sia troppo ornamentale e frivolo. Tutto “Shapes And Stories” è intriso non solo di una conoscenza profonda delle possibilità dello strumento ma anche di una consapevolezza e di una conoscenza del lessico jazzistico straordinarie. Le due ballads finali, Blue Sparrow Dark Eyes e Dreams In You sintetizzano con le loro sonorità quello che vogliamo esprimere con le nostre parole. Ascoltare per rendersene conto.