Alberto Parmegiani
Under A Shimmery Grace

  • 1. Feet Don't Fail Me Now
  • 2. Ana Maria
  • 3. The End Of A Life Affair
  • 4. In Our Land
  • 5. A True Decision
  • 6. Blues Me
  • 7. The Crossing
  • 8. L'Osservatore Involontario

Under a Shimmery Grace Alberto Parmegiani Quintet New release for A.MA Records

Alberto Parmegiani Guitar

Gaetano Partipilo Sax

Enrico Zanisi Piano

Francesco Ponticelli Double Bass

Enrico Morello Drums

Recorded at A.MA Studios January 2015

Note di Roberto Ottaviano per “Under A Shimmery Grace”

Quando conobbi Alberto, ormai tanto tempo fa, venne a trovarmi appena di ritorno dagli States dove si era fermato per un periodo di studi al Mannes College of Music di New York. Mi fece subito l’impressione di un ragazzo sincero e appassionato, senza complicati alambicchi mentali e con quella voglia pulita di far musica di getto, provando il brivido e l’emozione che questo gesto semplice può donare.

A distanza di anni, Alberto per fortuna non ha perso questo pregio ed è rimasto fedele a questo tratto caratteriale anche se il rovescio della medaglia è stato quello di una certa timidezza che nel nostro panorama non ne ha giovato il giusto riconoscimento. Gli americani lo definirebbero un “under-rated artist”, insomma un talento meritevole di maggior riconoscimento. Bene, posso assicurarvi che il talento è davvero tanto e concreto, e Alberto in tutto questo tempo non ha fatto altro che affinarlo ulteriormente, come strumentista e compositore, restituendoci in questo lavoro una identità precisa e matura. Lavorando sull’asse dei mentori a lui più cari ha reso ancor più asciutto il sound, con un attacco ed una articolazione sicuri ed equilibrati, un fraseggio moderno ma pregnante della grande tradizione (Blues Me). Naturalmente anche la capacità di supportare la forma ed i solisti con un comping adeguatamente disposto nel ritmo e negli spazi è da annoverare tra le sue doti, e sappiamo come sia spesso facile invece sfuggire a questo ruolo centrale in una band cedendo ad inutili protagonismi. Alberto sa come essere leader, assolvendo a questo compito tenendosi un passo indietro e assecondando anche il solismo fresco e sicuro dei giovani compagni come il pianista Enrico Zanisi (Feet Don’t Fail Me Now). La vena compositiva si inscrive nel solco modern mainstream di New York, con un piglio tutto live, catturando spesso le atmosfere care ai solisti ed i gruppi che calcano le scene dei posti rituali della Apple, come lo Smoke e lo Smalls. Ma è inutile cercare qui riferimenti che lasciano il tempo che trovano, la musica di Alberto sa anche approfittare di una vena melodica che ormai da tempo anche l’Italia ha metabolizzato e rilanciato con tratti assolutamente tipici (L’Oss Inv e Crossing). Il team contrabbasso e batteria composto da Francesco Ponticelli e Enrico Morello poi, nell’architettura complessiva della musica, serve al meglio con sagacia ed intelligenza di colori e pulsioni, il Dna di un gruppo che sembra stare insieme da sempre. Qui poi Alberto ritrova un vecchio, si fa per dire, partner, che al sax alto è il suo perfetto alter ego nella front line di questa proposta: Gaetano Partipilo. Aerobico e dalla consumata verve, Gaetano è a mio avviso l’altoista più completo in giro oggi per l’Europa. Tutto sommato qui contiene il suo solismo nei perimetri prescritti dalla scrittura di Parmegiani, tuttavia ascoltarlo in questo contesto ci consente ancora una volta di ascoltare il retaggio lontano di Adderley, che ormai oggi si è elaborato in un eloquio in sintonia e senza alcun timore reverenziale con i grandi stilisti attuali d’oltreoceano (The End Of A Love Affair). Insomma Alberto è partito con la mossa migliore, circondandosi dei colleghi a lui più congeniali, proseguendo con la strategia degna di un giocatore navigato, creando e cucendo gli ambienti compositivi più adatti a “fare gruppo” e a far risaltare le capacità individuali di ciascuno. Infine ha giocato a tutto tondo con un solismo raffinato e senza sbavature vincendo la sua partita con un lavoro che ha centrato l’obiettivo. Unica pecca, se così la si può definire, è che alla fine del suo ascolto si ha voglia di ritornare dall’inizio. Capita sempre così con i dischi onesti, ben fatti, che ti lasciano qualcosa dentro.