New Serbian Jazz Wave. La chiamano così. E, da un pò di tempo, è legata a doppio filo con la nostra etichetta. Oggi è la volta di Ivan Radivojevic, un giovane (trentuno anni) trombettista di Belgrado, che da noi si è fatto notare suonando nel combo di Max Kochetov (un veterano in Serbia) del quale qualche mese fa abbiamo pubblicato “Altered Feelings” e precedentemente con Sanja Markovic nell’album “Ascension” del 2020”. Radivojevic, come tutti quelli della sua generazione, è uno che si muove in maniera tentacolare tra il jazz e l’hip-hop passando attraverso incursioni nel reggae, nel rock, nel soul. Insomma molto modernamente la sua è una musica di sintesi che cerca di utilizzare le esperienze più disparate per arrivare a proporre qualcosa di personale. In “In Plain View” tutto questo è percepibile non certamente in termini di proposta musicale: è la sua mentalità, aperta alla fruizione di linguaggi altri, a colpire e a farci toccare con mano (meglio con l’orecchio) che da quelle parti – sembra ormai da diverso tempo - si sta sviluppando una scena da cui stanno venendo fuori alcuni dei musicisti più interessanti di questo inizio di millennio. Almeno in Europa e almeno per quel che attiene al jazz per come siamo abituati a viverlo nella sua accezione più avventurosa. Il trombettista vanta già un curriculum di tutto rispetto avendo maturato la frequentazione di prestigiose masterclass con vecchi e giovani leoni dell’idioma afroamericano (da Eddie Henderson, James Moody e il conterraneo Stjepko Gut a Charles Altura e Joel Ross). “In Plain View” raccoglie una musica complessa – e con questo non si vuole affermare che sia di difficile fruizione – la testimonianza di una mentalità curiosa, attenta a tutto quello accade, sempre al servizio della musica. Il combo è completato da giovanissimi virgulti della scena serba, tutti da tenere d’occhio – e che faranno molto presto parlare di sé. E non solo in Serbia.