Ha appena compiuto cinquant’anni, e questo senza dubbio è il suo disco della maturità. Il chitarrista barese Alberto Parmegiani, una vita dedicata al jazz e allo strumento, ha iniziato a studiare al conservatorio «Piccinni» per poi laurearsi a New York, al Mannes College of Music. Appena tornato a Bari, è stato tra i giovani talenti del Fez, per poi andare a fare esperienze altrove. Adesso, che dopo un lungo soggiorno romano e alcuni cd sparsi su varie etichette è tornato a vivere in Puglia, ha finalmente trovato una casa discografica con cui incidere con continuità. Per la A.Ma records del suo vecchio amico e complice Antonio Martino aveva realizzato nel 2016 Under a Shimmery Grace, in quintetto; e lo stesso marchio decora adesso il suo ultimo album On My Radio. Tutti diversi i musicisti impegnati, ma la ricerca musicale che c’è dietro è la stessa: un approfondimento della tradizione del jazz moderno, con alcune significative aperture verso son0rità contemporanee ed elettroniche e una sensibilità melodica particolarmente acuta, come rileva nelle belle note di copertina Larry Grenadier, il contrabbassista americano che ha suonato con Brad Mehldau e Pat Metheny, e che fu maestro di Parmegiani al Mannes College.
On My Radio comprende otto composizioni originali, tutte di Parmegiani (una delle quali, Night Rite, presentata in due versioni differenti); brani più uptempo (come l’iniziale On My Radioo Blues for Danny Boy) si alternano a quasi-ballad e ad episodi più lunghi e articolati. All’opera c’è un quartetto formato da Parmegiani con il pianista abruzzese Claudio Filippini, il contrabbassista pugliese Daniele Cappucci e il batterista campano Armando Luongo. A loro, che formano un combo efficiente e affiatato, si aggiunge in alcuni brani il sassofonista Enzo Bacco, anche lui pugliese, tenorista dal timbro nasale e dal fraseggio spezzato, angoloso. Ma il baricentro del gruppo ruota intorno a Parmegiani e Filippini, uno dei migliori nuovi talenti italiani del pianoforte, che si divide con il leader la responsabilità della maggior parte degli assoli e spinge spesso la musica verso paesaggi armonicamente aperti (come in Close to the Edge). Un bel disco, da ascoltare più volte per apprezzarne tutte le raffinate sfumature.