Recensione su Jazz Convention 10,Settembre, 2016
Un cocktail tra fusion e acid jazz con l'aggiunta di spezie etniche. Branches è un disco all'insegna del groove e del ritmo: l'obiettivo primario delle nove tracce composte da Paolo Achenza è quello di far muovere l'ascoltatore, di fargli tenere il tempo con il piede, di scuoterlo, insomma, a livello fisico.
Per fare questo, il tastierista si circonda di una formazione base, vale a dire un quintetto con una forte propulsione ritmica, vista la presenza di batteria e percussioni. A questo nucleo, aggiunge poi numerosi musicisti e voci per colorare lo sviluppo melodico e l'ambientazione dei vari brani. E così la voce di Richard Sinclair - il cantante e bassista, fondatore degli storici Caravan - porta una dimensione lirica e sospesa nella titletrack, l'energia di Nikaleo sferza la già ritmata In The Name Of What. Per quanto riguarda i brani strumentali, reminiscenze spagnoleggianti aprono la cavalcata di Settimo Continente, il sitar di Francesco Walsh apre il disco con le sonorità indiane in Solar Whip e, naturalmente, la vena funky che scorre in buona parte del disco e si manifesta brillante in modo particolare in Achenzology e Varsavia dove troviamo anche la chitarra di Alberto Parmegiani.
Un disco frizzante e scorrevole, dove le suggestioni e i colori servono sempre a dare forza e continuità al motore del ritmo.